Il 28 giugno 1914 a Sarajevo, uno studente bosniaco, Gavrilo Princip, uccise con due colpi di arma da fuoco l'erede al trono austriaco, l'arciduca Francesco Ferdinando. L'attacco, di matrice anarchica, mise in moto una catena di reazioni e contromisure che precipitarono l'intera Europa in un conflitto di proporzioni senza precedenti. L'Italia entrò in guerra l'anno successivo a maggio, quando era già iniziata da dieci mesi, e si schierò con Francia, Gran Bretagna, Russia contro la Germania e l'impero austro-ungarico. Nonostante l'introduzione di nuove armi, tra cui la mitragliatrice automatica, e lo sviluppo di settori relativamente nuovi, come l'aeronautica e la radio, nessuno dei Paesi aveva sviluppato strategie militari diverse da quelle che avevano ispirato i grandi conflitti del XIX secolo: tutti gli ordigni della guerra erano basati sull'aspettativa di vita calcolata di alcune settimane, al massimo qualche mese. Ben presto, tuttavia, soprattutto sul fronte occidentale (tra Francia, Belgio e Germania) e italiano, il conflitto si trasformò in una guerra di logoramento, con lati praticamente immobili. La vera evidenza era la trincea, la più semplice e la più primitiva delle fortificazioni difensive. Come quasi tutte le regioni italiane, anche la leva Castel del Rio e l'Alta Valle del Santerno furono coinvolte nel conflitto: oltre 170 ragazzi dei quali 37 caddero. All'interno del museo i loro nomi e le loro immagini gloriose. Il Santuario della Vergine Maria, accanto a Palazzo Alidosi, reca una lapide in marmo con i loro nomi. Per l'Italia l'anno più difficile fu il 1917. Tra maggio e settembre il generale Cadorna ordinò una serie di nuovi attacchi contro il fiume Isonzo, simili a quelli già scatenati nel 1915. I risultati furono modesti e i costi umani più severi. All'inizio del 1918 le due parti erano ancora in una situazione di sostanziale equilibrio. Quindi, in breve, la risoluzione: tra l'8 e l'11 agosto i tedeschi subirono la prima grave sconfitta nella grande battaglia di Amiens, sul fronte occidentale; circa due mesi dopo, dopo il disastroso ritiro da Caporetto, gli italiani lanciarono un'importante controffensiva sul fronte del Piave e sconfissero gli austriaci nella battaglia di Vittorio Veneto. Questi non erano più in grado di riorganizzare una linea di resistenza a causa della defezione dei dipartimenti ceco e ungherese; il 3 novembre, venne firmato l'armistizio a Villa Giusti, vicino a Padova; entrò in vigore l'anno successivo. | ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |